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‘Light’, la manifestazione organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche nell’ambito della ‘Notte dei ricercatori’, che quest’anno si è tenuta presso il Planetario dell’Eur di Roma lo scorso 28 settembre, ha un intento divulgativo nel senso anche più impegnativo del termine, cioè quello di contraddire alcune convinzioni comuni che però non hanno una base scientifica. Tra questi, la contrarietà agli Organismi geneticamente modificati, argomento che suscita grandi e contrastanti passioni all’insegna di una divergenza di opinioni che non è solo legittima ma soprattutto vitale nelle democrazie.
I dati attestati dalle ricerche, però, non possono essere ignorati né sottoposti a ‘dibattito’, quasi fossero una variabile soggettiva. Il compito di fare chiarezza – non a caso lo slogan di ‘Light’ è “Accendi la luce sulla scienza” su questo controverso tema, rischiando di assumere posizioni ‘scomode’, se l’è assunto Roberto Defez dell’Istituto di genetica e biofisica
Igb-Cnr di Napoli, che ha curato una delle animazioni di maggior interesse della manifestazione romana.[immagine]
“Nel corso degli ultimi 14 anni ho depositato tre brevetti Pct, cioè con estensione internazionale”, spiega il ricercatore, “su una tecnologia che consente di aumentare sia la produzione di biomassa foraggi che su quella di semi di molte piante leguminose. La tecnologia consiste nell’introdurre due geni per la biosintesi dell’acido 3 indol acetico (Iaa), derivati da altri batteri, in un batterio chiamato Rhizobium che, presente in tutti i suoli, sviluppa una particolare simbiosi con le leguminose e un processo detto fissazione dell’azoto”.
In parole povere, fagioli, piselli, erba medica, veccia, soia, arachidi e altre piante trattate con Rhizobium migliorato mediante questa modifica “producono almeno il 30% in più come peso secco del fusto (per uso da sfalcio come foraggio) ma anche il 30% in più come semi da granella (nel caso della soia usati principalmente come mangimi per uso zootecnico) se paragonate alle stesse piante inoculate con lo stesso batterio non migliorato”, prosegue Defez che ha mostrato tale differenza al pubblico di Light mostrando alcune piante di erba medica migliorate e normali: le prime sono evidentemente più sviluppate e nelle radici mostrano dei noduli “nei quali avviene la aumentata fissazione biologica dell’azoto, che aumenta il metabolismo batterico e vegetale e la capacità di solubilizzare i fosfati: quindi queste piante non necessitano di fertilizzanti di sintesi chimica e hanno maggiore tolleranza a stress ambientali quali la salinità dei suoli”.
Il pubblico e sopratutto i ragazzi hanno potuto toccare con mano queste innovazioni conducendo in prima persona un esperimento di estrazione ed analisi del contenuto di clorofilla da piante di erba medica associate al batterio normale e di quelle associate al batterio ingegnerizzato. “Tale innovazione tecnologica è ottenuta per ora solo in laboratorio in quanto, da 12 anni, le norme impediscono ai ricercatori pubblici di sperimentare nel terreno le innovazioni ottenute e senza questa validazione in campo questi brevetti hanno un valore quasi nullo, anche qualora il Cnr che è proprietario dei tre brevetti volesse concederli in uso a un’azienda”.
M.F.
Fonte: Roberto Defez , Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso”, Napoli
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