Che succederebbe a un astronauta senza tuta spaziale?
Sulla Luna l’atmosfera lunare praticamente non esiste, a parte un irrisorio miscuglio di gas dovuto al degassamento della roccia provocato dall’azione del Sole e dalla pressione, stimata in frazioni di miliardesimi di pascal (0,000000000000015 atmosfere), un valore assimilabile per la vita biologica al vuoto assoluto. Questo dato, insieme all’assenza di grandi masse di acqua che fungano da ‘volano termico’, provoca in superficie, fra zone in ombra e illuminate dal sole, sbalzi di temperatura fino a 300 gradi centigradi.
Che succederebbe a un organismo animale superiore come l’uomo, esposto improvvisamente a questo ambiente? Innanzitutto, se fino a poco prima avesse
respirato in un ambiente normobarico, rischierebbe un’esplosione degli organi che contengono gas come i polmoni. Insomma, ciò che capita al subacqueo che, dalla profondità dove ha respirato aria compressa a due atmosfere, esca improvvisamente in superficie (dove la pressione è di un’atmosfera) trattenendo il fiato. L’azione che in gergo subacqueo viene definita ‘pallonata’, è indicata da qualsiasi didattica delle immersioni come assolutamente pericolosa e da evitare.
In secondo luogo, qualora l’organismo resistesse a questo shock barico, le temperature provocherebbero un”abbronzatura’ letale. La parte illuminata raggiungerebbe i 100-150 gradi centigradi, mentre quella in ombra sarebbe soggetta a un congelamento improvviso tra i -100 e i -150 °C. La temperatura superficiale del corpo umano, ricordiamo, è intorno a 32 gradi.
Proprio per evitare questi effetti letali, gli astronauti usano una tuta di protezione la cui pressione interna è mantenuta bassa, circa un terzo dell’atmosfera, per permettere all’astronauta di muoversi e che garantisce un isolamento termico sufficiente a sopportare il salto fra le temperature esterne e quella della pelle. Il colore delle tute è sempre bianco per garantire la massima schermatura alle radiazioni termiche infrarosse e ultraviolette trasmesse per irraggiamento.
Matteo Selmi
Fonte: Remo Bedini , Istituto di fisiologia clinica del Cnr fi Pisa e istituto superiore S. Anna di Pisa