Il ponte più lungo dell’universo
È un filamento di gas a 80 milioni di gradi. Collega con un’unica “campata” due ammassi di galassie distanti fra loro dieci milioni di anni luce, vale a dire circa 100 miliardi di miliardi di chilometri. Lo ha osservato il telescopio spaziale Planck dell’ESA sfruttando l’effetto SZ.
Arriva dal satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea la prima conferma dell’esistenza di un ponte di gas caldo che unisce una coppia di ammassi di galassie, Abell 399 e Abell 401, separati fra loro da 10 milioni di anni luce di spazio intergalattico.
La missione principale di Planck è catturare la luce più antica del cosmo, la radiazione cosmica di fondo, o CMB. Nel suo lungo tragitto attraverso il cosmo, questa debole luce incontra diversi tipi di strutture, fra le quali galassie e ammassi di galassie, ovvero conglomerati di centinaia o migliaia di galassie legati insieme dalla forza di gravità. Quando la radiazione di
fondo interagisce con il gas caldo che permea queste enormi strutture cosmiche, il suo spettro energetico subisce un’alterazione caratteristica. Si tratta di un fenomeno noto come effetto Sunyaev-Zel’dovich (effetto SZ), dal nome dei due scienziati che lo scoprirono. Già sfruttato in precedenza da Planck per rilevare ammassi di galassie, l’effetto SZ permette anche di rilevare i deboli filamenti di gas che potrebbero collegare un ammasso all’altro.
L’universo primordiale era pervaso da filamenti di materia gassosa, dando forma a una sorta di gigantesca rete. È dai nodi di quella rete, cioè le regioni nelle quali la materia si addensava maggiormente, che si sarebbero poi formati gli ammassi di galassie. La maggior parte di quel gas tenue e filamentoso rimane tutt’ora inosservata, ma gli astronomi si aspettano di poterlo individuare soprattutto là tra gli ammassi di galassie interagenti, dove, essendo compresso e surriscaldato, rilevarlo diventa più facile. Ne è una prova la scoperta, da parte di Planck, del filamento di gas caldo che collega gli ammassi Abell 399 e Abell 401, ciascuno contenente centinaia di galassie.
Il gas caldo presente tra i due lontani ammassi, distanti miliardi di anni luce dalla Terra, era già stato intravisto in banda X dal satellite ESA XMM-Newton. Ipotesi ora confermata dai dati raccolti da Planck, che con questa osservazione rileva anche, per la prima volta, gas intergalattico grazie alla tecnica dell’effetto SZ. Quanto alla temperatura del gas che collega Abell 399 e Abell 401, combinando i dati di Planck con quelli presenti nell’archivio di osservazioni a raggi X del satellite Rosat si arriva a un valore di circa 80 milioni di gradi, analogo a quello del gas presente nei due ammassi.
«Si tratta di un altro risultato astrofisico davvero eccezionale del satellite Planck dell’ESA», dice Barbara Negri, responsabile ASI dell’Esplorazione e Osservazione dell’Universo. «Da un lato questo risultato rappresenta un’ulteriore conferma della potenzialità dell’effetto Sunyaev-Zel’dovich nel fornirci preziose informazioni sullo stato del mezzo intergalattico, dall’altro evidenzia come il satellite Planck, originariamente progettato per scopi più propriamente cosmologici che astrofisici, si stia comportando in realtà come se fosse anche un meraviglioso osservatorio astrofisico spaziale».
«Per ora i dati più cruciali per questo tipo di analisi su Abell 399 e Abell 401 provengono dallo strumento di alta frequenza (HFI) di Planck», aggiunge Carlo Burigana, astrofisico all’INAF-IASF Bologna e coordinatore per Planck/LFI del team che si occupa di Non- CMB Science, «ma l’effetto SZ si osserva anche alle più basse frequenze, coperte dallo strumento LFI, come decremento di segnale del fondo cosmico. E le ben otto survey del cielo che ci aspettiamo da LFI ci daranno ulteriori preziose informazioni al riguardo. È anche assai interessante rilevare l’elevata qualità degli studi idrodinamici del gas in ammassi di galassie che hanno permesso di dare un’interpretazione dell’evoluzione dinamica delle particelle in Abell 399 e Abell 401 come risultato combinato dell’interazione gravitazionale e dei processi di microfisica nel mezzo intergalattico e di associarli alla morfologia degli ammassi stessi».
ASI
Crediti: Planck è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che ha gestito il programma sin dagli esordi, nel 1993, e ha finanziato lo sviluppo del satellite, il lancio e le operazioni di controllo. Il prime contractor di ESA per Planck è stata Thales Alenia Space (Cannes, Francia). Un contributo fondamentale a Planck è stato dato dall’industria europea. In particolare, è stato decisivo il contributo di Thales Alenia Spazio (Torino) per il service module, di Astrium (Friedrichshafen, Germania) per gli specchi del telescopio e di Oerlikon Space (Zürich, Svizzera) per le strutture del payload. La maggior parte dei test criogenici e ottici più complessi sono stati eseguiti presso il Centro Spaziale di Liegi, in Belgio, e presso la sede di Cannes di Thales Alenia Space. L’eccezionale know-how richiesto per lo sviluppo dello strumento a bassa frequenza (LFI) e di quello ad alta frequenza (HFI) è stato fornito da due grandi consorzi internazionali, comprendenti in totale circa 50 istituti scientifici dell’Europa e degli Stati Uniti, finanziati dalle agenzie dei Paesi coinvolti. Maggiori dettagli sono disponibili su web, agli indirizzi: http://www.satellite-planck.it/content/view/23/46/ (per LFI) e http://www.planck.fr/heading1.html (per HFI). Per quanto riguarda lo sviluppo degli strumenti scientifici, un contributo importante è dovuto a Thales Alenia Space (Milano) per LFI e a Air Liquide – DTA (Grenoble, Francia) per HFI. I due consorzi sono anche responsabili per l’operatività scientifica dei rispettivi strumenti e per il trattamento dei dati. Alla guida dei consorzi, i due principal investigators: J.-L. Puget, dell’Institut d’Astrophysique Spatiale di Orsay (Francia), è responsabile di HFI (finanziato principalmente dal CNES e dal CNRS [INSU, IN2P3]), mentre N. Mandolesi, dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Bologna, è responsabile di LFI (finanziato principalmente dall’ASI e dall’INAF). La NASA ha finanziato lo US Planck Project, con base a JPL e con il coinvolgimento di scienziati da numerose istituzioni degli Stati Uniti, il cui contributo all’impegno dei due consorzi è stato decisivo. Un consorzio d’istituti danesi, finanziato dal Danish National Research Council, ha preso parte insieme all’ESA allo sviluppo dei due specchi del telescopio di Planck. Planck è gestito dal Flight Control Team del Mission Operations Centre (MOC), presso lo European Space Operations Centre (ESOC) dell’ESA, a Darmstadt (Germania). Il Planck Science Office, presso lo European Space Astronomy Centre (ESAC) dell’ESA, in Spagna, gestisce l’intera survey e coordina le operazioni scientifiche dei due strumenti.
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