Astrofisica

GAPS aiuta gli astrofisici.Nuovi sistemi planetari

 

ECCO I PRIMI RISULTATI DI GAPS
 
 

 

Identikit di sistemi planetari

Di prossima pubblicazione su A&A i primi due risultati del progetto GAPS – Global Architecture of Planetary Systems. Le accuratissime misure dello spettrometro HARPS-N, installato al Telescopio Nazionale Galileo, stanno aiutando gli astrofisici a delineare, con maggior precisione, importanti caratteristiche delle centinaia, forse migliaia, di sistemi planetari presenti nella nostra Galassia. Alla ricerca di pianeti simili alla Terra e di risposte sulla formazione del nostro sistema solare

 

Un rendering artistico di un possibile mondo lontano

Un rendering artistico di un possibile mondo lontano

Attorno a quali tipi di stelle dobbiamo cercare pianeti? Sono di più i pianeti giganti o quelli di tipo terrestre? Il nostro Sistema Solare è una regola o un’eccezione?

Porsi queste domande vent’anni fa sembrava ai limiti della Fantascienza. Oggi è ricerca astrofisica di punta.

A queste domande cerca di rispondere il progetto GAPS(Global Architecture of Planetary Systems) dell’INAF volto, come dice il nome stesso, ad acquisire una maggior comprensione dell’architettura dei sistemi planetari, quindi delle proprietà strutturali dei 

pianeti extrasolari e delle dipendenze tra proprietà fisiche dei pianeti e delle stelle che li ospitano. Tutto ciò nel contesto, più ampio, relativo alla comprensione di come si formino e si evolvano i sistemi planetari e in particolare quali tra gli scenari (vedi la scheda), finora invocati, sia il più plausibile. A GAPS contribuiscono astronomi appartenenti a dieci sedi INAF, tra cui il Telescopio Nazionale Galileo, all’Università degli Studi di Padova e di Milano, e ad altri istituti stranieri.

I primi risultati di GAPS, che si avvale dello spettrografo HARPS-N per la cui installazione è stato scelto ilTelescopio Nazionale Galileo, alle Canarie, ci confermano gran parte delle osservazioni e deduzioni effettuate finora, le quali ci dicono come sia più probabile trovare pianeti giganti orbitanti attorno a stelle ricche di elementi pesanti, o ad alta metallicità , cioè stelle relativamente giovani rispetto all’età dell’universo.

Questi risultati, presentati in una letter in Astronomy & Astrophysics, ci dicono che non vi sono pianeti orbitanti attorno alla stella a basso contenuto di elementi pesanti HIP 11952. La presenza di due pianeti era stata in precedenza rilevata da un gruppo di astronomi, analizzando dati ottenuti con una strumentazione decisamente meno sofisticata di HARPS-N.

E, sempre dalla raccolta e dall’analisi di dati accuratissimi ottenuti con HARPS-N sul sistema stella-pianeta denominato Qatar-1, a circa 600 anni luce da noi tra le costellazioni del Dragone e di Cefeo, viene un primo articolo sempre sulla rivista A&A.
Con i dati che abbiamo analizzato e pubblicato abbiamo messo un altro piccolo ma importante tassello al puzzle sulla questione tuttora aperta della caratterizzazione delle proprietà architetturali dei pianeti extrasolari e della loro dipendenza dalle proprietà fisiche della stella ospite…”, spiega Elvira Covino dell’INAF di Napoli che ha guidato lo studio su Qatar-1. “Per esempio, finora non si sono cercati pianeti di tipo terrestre in sistemi dove siano stati rilevati pianeti giganti. Difatti, i pianeti extrasolari sinora scoperti sono molto differenti dai pianeti del Sistema Solare. Molti di essi hanno masse e dimensioni simili a quelle di Giove ma si muovono su orbite molto strette (anche cento volte inferiori alla distanza Terra-Sole) con periodi orbitali di appena qualche giorno. Per Qatar-1 siamo riusciti a raccogliere così tanti dati e di qualità così elevata (Vedi la scheda) che ora possiamo caratterizzare questo sistema con grande precisione. ”

Il team di GAPS ha combinato le misure ad alta precisione, ottenute con HARPS-N, con i dati fotometrici e ne ha potuto così ricavare una visione completa come mai prima d’ora dei parametri orbitali e delle proprietà fisiche del sistema Qatar-1. Qatar-1 contiene quindi uno Hot Jupiter, cioè un pianeta con una massa pari a circa 1,3 volte la massa di Giove, più massiccio di quanto rilevato in precedenza, che orbita su un piano molto ben allineato con l’asse di rotazione della stella e con una eccentricità nulla. La stella ospite, di cui sono state derivate anche le proprietà atmosferiche, ha ora una sua carta di identità precisa: è, come già detto, una stella ricca di elementi chimici più pesanti di idrogeno ed elio ed è anche una delle più deboli attorno alle quali, con osservazioni da terra, sia mai stato rilevato un pianeta. È una nana di tipo spettrale K, di età comparabile con quella del Sole. Ruota lentamente ma mostra anche un’intensa attività sulla sua superficie, cosa che non ci si aspetterebbe in una stella di questo tipo. Questo ci suggerisce che potrebbe essere proprio la forte interazione mareale con il pianeta gigante, che le orbita intorno a distanza ravvicinata, a far sì che l’attività cromosferica sia così intensa. E gli astronomi ritengono che uno scenario possibile sia quello che vedrà cadere il pianeta sulla stella per esserne “ingurgitato”.

Ma a volte, le scoperte vanno anche messe in discussione. Come nel caso della stella HIP 11952 che, nel 2012, era salita alla ribalta perchè scardinava quanto si credeva di aver capito sul ruolo della composizione chimica nei processi di formazione planetaria perché non ci si aspettava che stelle così povere di elementi pesanti (vedi la scheda) potessero avere pianeti giganti che gli orbitassero attorno. Un secondo studio di GAPS ha quindi escluso, proprio grazie all’accuratezza delle misure fornite da HARPS-N (vedi la scheda) , la presenza dei pianeti attorno a HIP 11952. Si è dimostrato che le variazioni, interpretate lo scorso anno come una variazione di velocità radiale e, quindi, come la presenza di pianeti, erano invece dovute a errori di misura indotte dai limiti della strumentazione con cui si erano raccolti i dati.
Il sistema era importante perché ha una metallicità almeno 15 volte inferiore a quella della seconda stella nana di più bassa metallicità che ospita con sicurezza pianeti giganti…”, ci dice Silvano Desidera dell’INAF di Padova che ha guidato lo studio. “Inoltre, l’analisi che aveva condotto alla scoperta dei due pianeti suggeriva anche la presenza di un terzo pianeta con periodo orbitale intermedio. Le osservazioni con HARPS-N hanno dimostrato una precisione molto migliore rispetto a quella dello strumento usato per la scoperta e ci hanno consentito di concludere che non esistono pianeti giganti a corto periodo attorno a questa stella. Questo risultato rafforza la nostra comprensione dei processi di formazione dei sistemi planetari…”.

Con HARPS-N è stata quindi monitorata la velocità radiale della stella in 120 giorni (vedi la scheda). La velocità radiale mostra una dispersione di 8 metri al secondo che è una misura compatibile con gli errori di misura per una stella così povera di metalli.
Si esclude quindi la presenza dei due pianeti precedentemente rilevati che dovevano avere rispettivamente un periodo orbitale di 290 e 7 giorni e masse comparabili con Saturno e Giove. Si esclude anche una variazione di velocità radiale di 100m/s che aveva dichiarato Setiawan nel 2012.

Logo ufficiale di GAPSIl lavoro da fare verso la comprensione delle architetture planetarie è ancora molto, per questo sono in corso di svolgimento osservazioni con HARPS-N su altri sistemi planetari noti e su stelle candidate e altre sono già in programma…”, ci dice l’attuale chair del progetto Riccardo Claudi, dell’INAF di Padova.

Quando, nel 2010, è stato siglato l’accordo per il quale INAF avrebbe montato lo spettrografo di nuova generazione HARPS-N sul Telescopio Nazionale Galileo, si è aperta, per la nostra comunità, una concreta opportunità di diventare protagonisti mondiali della ricerca dei pianeti extrasolari. Nel 2012, con l’entrata in funzione dello strumento, eravamo già pronti a sfruttare nel modo più efficace possibile il tempo a disposizione della comunità italiana. Come? Raccogliendo i potenziali interessati in un programma sinergico e strutturato proprio per massimizzare il ritorno scientifico delle osservazioni effettuate con HARPS-N. E’ nato così GAPS.
In sostanza, ora che con HARPS-N si può, diventa obbligatorio basarsi su misure sempre più raffinate dei parametri orbitali e su determinazioni sempre più accurate delle proprietà fisiche della stella e dei pianeti. Siamo certi che presto arriveranno altri entusiasmanti risultati!”

Francesco Rea

Istituto Nazionale di Astrofisica