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Milano, maggio 2013 – Il Junk DNA o DNA spazzatura, vale dire quella parte del nostro genoma che non sembra avere funzione e che costituisce circa la metà del genoma stesso, può avere un ruolo nell’origine del cancro. Lo dimostra lo studio “Endogenous Retrotransposition Activates Oncogenic Pathways in Hepatocellular Carcinoma”- diretto dal ricercatore australiano Geoff Faulkner e pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Cell – che identifica un legame fra Junk DNA e cancro del fegato. La ricerca è frutto di un progetto mondiale di altissimo livello scientifico su Genomica e Cancro (MODHEP) finanziato dall’Unione Europea, che ha come partner italiani l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e l’IIT di Genova e come coordinatore Bruno Amati. Al progetto partecipano gruppi
giapponesi e australiani.
«Circa il 20% di malati di cancro del fegato – ha dichiarato Faulkner – presenta frammenti di Junk DNA che possono mutare e alterare l’espressione di geni che normalmente prevengono la crescita del tumore. Abbiamo trovato che queste mutazioni sono abbastanza frequenti nei tumori epatici e questo apre una nuova linea di diagnosi della malattia. Poiché le cellule con mutazione di questi frammenti si trovano nel sangue, possiamo ricercarle, con un semplice prelievo, negli individui a maggior rischio, per esempio chi soffre di cirrosi epatica, e identificare i pazienti che hanno le più alte probabilità di sviluppare un tumore».
«Il Junk DNA – spiega Gioacchino Natoli, uno dei sei ricercatori IEO che hanno collaborato al lavoro di Cell – è una parte instabile e mobile del genoma che conosciamo da oltre 30 anni e di cui ci è sempre stata poco chiara sia la funzione che le possibili conseguenze negative sull’integrità del genoma. Ora abbiamo scoperto che, se si sposta in maniera anomala, non solo non è utile, ma può creare danni. Studiando in particolare il fegato, all’interno del consorzio europeo MODHEP, abbiamo dimostrato che lo junk DNA causa alterazioni genetiche che conducono allo sviluppo del tumore epatico. Non possiamo escludere che questo rapporto causa-effetto si applichi anche ad altri tumori».
«La scoperta conferma che l’analisi del genoma, basata sulle tecnologie di sequenziamento di ultima generazione, permette una visione globale delle alterazioni genetiche di ogni tumore e di conseguenza una sua caratterizzazione molecolare estremamente precisa. Questo implica per il futuro la possibilità di una diagnosi molecolare più accurata della stessa classificazione istologica – prosegue Francesca Ciccarelli, membro del team di ricerca IEO-. Ormai è chiaro che solo la conoscenza genomica è in grado di dirci “la verità” su ogni tumore. Questa è oggi la base per poterlo curare meglio, crediamo che fra pochi anni ogni diagnosi di tumore sarà effettuata con procedure genomiche analoghe a quelle usate in questo studio, permettendoci una classificazione di un’ accuratezza impensabile fino a solo pochi anni fa».
«Ci stiamo rendendo conto – conclude Natoli – che l’eterogeneità genetica di tumori apparentemente simili tra loro ha portato al fallimento di terapie basate sul principio che tumori simili istologicamente si debbano comportare nello stesso modo. Di fatto questo approccio ha frenato la messa a punto di terapie personalizzate e lo sviluppo di nuovi farmaci mirati sulla base delle caratteristiche del genoma, che sono quelle che danno ad ogni tumore la sua specifica identità. La genomica ci sta svelando che ogni tumore è un universo a sé, e solo conoscendolo oggi nei suoi minimi dettagli a livello di DNA, potremo domani curarlo».
«Mi sono personalmente impegnato perché l’ Istituto Europeo di Oncologia fosse fra i primi in Italia a investire nelle tecnologie innovative necessarie al sequenziamento del genoma, collettivamente indicate come Next Generation Sequencing – commenta PierGiuseppe Pelicci, Condirettore scientifico IEO–. Queste tecnologie sono oggi utilizzate essenzialmente in ricerca, ma è già oggi chiaro che in pochi anni entreranno nella routine della valutazione diagnostica per ogni malato. In IEO siamo vicini all’obiettivo di sequenziare il DNA dei tumori di tutti i nostri pazienti: la genomica è la priorità strategica dell’Istituto nei prossimi 20 anni».
Dal 2009 lo IEO ha investito in modo significativo nella ricerca genomica in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, con cui condivide una piattaforma tecnologica. L’Istituto è inoltre membro fondatore dei due maggiori consorzi mondiali dedicati alle tecnologie di Next Generation Sequencing: Blueprint e IHEC (International Human Epigenoma Consortium).
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