Molecole contenete gas nobile nello spazio. È la prima volta che viene rilevata una simile presenza. Lo ha fatto un team di astronomi della University College London (UCL), rinvenendola nella Nebulosa del Granchio, i resti di una supernova nella costellazione del Toro.
La Nebulosa del Granchio (Crab Nebula) ripresa nel blu della luce visibile dal telescopio spaziale Hubble
Molecole contenete gas nobile nello spazio. È la prima volta che viene rilevata una simile presenza. Lo ha fatto un team di astronomi della University College London(UCL), rinvenendola nella Nebulosa del Granchio, i resti di una supernova nella costellazione del Toro.
Guidati da Mike Barlow del Dipartimento di Fisica e Astronomia della UCL, i ricercatori hanno usato dati ottenuti con il satellite di osservazione dell’ESA Herschel, che operava nell’infrarosso. Le misurazioni da loro condotte del gas freddo e della polvere presente nella regione osservata, li ha condotto alla fortuita scoperta dell’impronta digitale chimica di ioni di idruro di argon. I risultati della loro ricerca è stata pubblicata sull’edizione di questa settimana del settimanale Science.
La scoperta conferma le teorie scientifiche di come l’argon si formi in natura.
“Stavamo conducendo una ‘survey’ della polvere in molti luminosi resti di supernovae usando i dati Herschel, tra questi quelli della Nebulosa del Granchio”, dice Mike Barlow. “La presenza di ioni di idruro di argon era del tutto inaspettata, perché non ti aspetti che un gas nobile come l’argon possa formare molecole e non ti aspetteresti di trovarle in una ambiente così ostile come i resti di una supernovae”.
I ricercatori hanno usato lo strumento SPIRE di Herschel per fare una osservazione spettroscopica dei resti della supernovae, così da separare la luce infrarossa nelle loro diverse lunghezze onde, così come un prisma separa la luce bianca nei rispettivi colori dell’iride. Una volta analizzati gli effetti, il team di astronomi ha visto caratteristiche inusuali che hanno preso tempo per essere pienamente comprese.
“Guardare nello spettro infrarosso – aggiunge Barlow – è utile per trovare la firma delle molecole, in particolare la firma della loro rotazione. È così specifica che può essere rilevata nella luce infrarossa dai nostri telescopi”.
La Crab Nebula è il resto della famosa Supernova che esplose nel 1054 e che fu registrata dagli astronomi Cinesi.
“L’intensa radiazione all’interno della nebulosa – ci spiega Sergio Molinari, dell’INAF-IAPS, Principal Investigator del maggiore progetto osservativo di Herschel – ionizza sia l’argon che l’idrogeno, permettendo quindi la formazione della molecola ArH+ e la sua rivelazione in riga nel lontano infrarosso, a 243 e 486 micron, con lo strumento SPIRE a bordo del satellite HERSCHEL. L’aspetto fondamentale è che l’osservazione dell’Argon in forma di molecola con l’idrogeno permette di rivelare anche di che isotopo si tratta, vale a dire il suo peso atomico, e cioè la quantità di protoni e neutroni nel suo nucleo. L’isotopo dell’Argon rivelato nella Crab è l’Argon-36, e questa scoperta permette finalmente di confermare le teorie che prevedevano che l’Argon nello spazio venisse principalmente creato durante la brevissima ed intensa fase di fusione nucleare durante le esplosioni di Supernovae, ed esattamente nella ‘versione’ con 36 nucleoni. L’isotopo di Argon che invece troviamo nell’atmosfera terrestre è l’Argon-40, prodotto dal decadimento del Potassio radioattivo nelle rocce”.
“È una scoperta – aggiunge il ricercatore dell’INAF – che arriva dopo più di 6 mesi dalla fine della missione HERSCHEL. Analizzando gli spettri ottenuti con SPIRE ci si è resi conto che accanto alle specie chimiche attese venivano anche rivelate righe a frequenze totalmente inaspettate. È partita quindi la caccia alla specie chimica responsabile, che ha infine portato all’identificazione dell’ArH+. Questa non è certo la sola riga non ancora identificata negli spettri che Herschel ha acquisito nel corso dei suoi 4 anni di vita; l’archivio dati di Herschel è una miniera d’oro dalla quale ci attendiamo grandi scoperte per molti anni a venire”.
Francesco Rea