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Nel DNA dei popoli alpini l’impronta di migrazioni e maso chiuso
EURAC: studio genetico fa luce sulla storia delle popolazioni delle Alpi orientali italiane
Il patrimonio genetico degli esseri umani è frutto della loro evoluzione biologica, ma è influenzato anche da fattori geografici e socio-culturali come le caratteristiche ambientali e le consuetudini matrimoniali. Lo testimonia uno studio dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC svolto insieme al Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università La Sapienza di Roma. La ricerca ha ricostruito la struttura genetica delle popolazioni delle Alpi orientali italiane sulla base di analisi biomolecolari. I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Plos One.
Il gruppo di ricercatori coordinato da Valentina Coia, antropologa ed esperta di genetica delle popolazioni dell’EURAC, ha analizzato il cromosoma Y, trasmesso per linea paterna, di oltre 15 popolazioni appartenenti ai tre gruppi etno-linguistici principali delle Alpi orientali italiane: italiani, ladini e minoranze linguistiche germanofone del Trentino (cimbri di Luserna), del Veneto (cimbri di Giazza e la comunità di Sappada) e del Friuli (comunità di Sauris e Timau). L’analisi si è concentrata sulla variabilità genetica all’interno dei gruppi alpini, sulle differenze tra questi gruppi e sul confronto con altre popolazioni europee.
Per approfondire ulteriormente lo studio, i risultati ottenuti dall’analisi del cromosoma Y sono stati confrontati con quelli del DNA mitocondriale, trasmesso per linea materna.
“In questo studio ci siamo concentrati sulla variabilità genetica e abbiamo esaminato le differenze nel patrimonio genetico tra le diverse popolazioni. Anche se la specie umana è sostanzialmente omogenea dal punto di vista genetico, i vari gruppi presentano sottili ma significative differenze a livello statistico e scientifico che si sono sviluppate nel tempo per l’effetto di fattori geografici, demografici e culturali”, spiega Valentina Coia.
Differenze legate alla storia demografica
Lo studio del cromosoma Y ha mostrato la presenza di tre modelli genetici: quello del gruppo italiano geneticamente più omogeneo, quello dei ladini con valori di differenziazione genetica intermedia e quello delle minoranze germanofone differenziato in modo più marcato.
Questi risultati riflettono la differente storia demografica dei tre gruppi e il loro diverso livello di isolamento genetico dovuto all’ambiente di montagna. La maggiore omogeneità degli italiani potrebbe essere ricondotta a una loro origine antica comune, ma anche a una maggiore mobilità e scambio di geni tra le popolazioni delle sette valli considerate – valle dell’Adige, Fersina, Fiemme, Giudicarie, Non, Primiero e Sole. Sono, infatti, valli caratterizzate da un ambiente montano meno ostile – minori altitudini e vicinanza geografica – rispetto a quello delle popolazioni ladine delle Dolomiti. Il gruppo ladino, malgrado l’origine comune e l’appartenenza allo stesso gruppo linguistico delle sue comunità, è infatti geneticamente differenziato al suo interno. La causa potrebbe essere proprio il forte isolamento geografico, ma anche il processo di frammentazione che le comunità hanno subito nel corso nel tempo, da parte di popolazioni latine prima e germaniche poi.
Anche la marcata differenziazione genetica delle comunità delle isole germanofone potrebbe essere ricondotta alla loro diversa storia demografica. Queste comunità – presenti nelle Alpi orientali a partire dal Medioevo – si sono originate da piccoli gruppi, talvolta anche da singole famiglie di origini diverse, e dalla loro fondazione si sono mantenute in un relativo isolamento geografico e culturale.
Differenze legate alle tradizioni culturali
Il gruppo di ricerca coordinato dall’EURAC ha inoltre comparato i risultati del cromosoma Y con quelli del DNA mitocondriale, trasmesso per linea materna. Questa analisi ha considerato dati dei tre gruppi delle Alpi orientali italiane, di altre popolazioni europee provenienti da aree montane e dati delle popolazioni di lingua tedesca dell’Alto Adige già pubblicati in altri studi. Dal confronto è emerso che il gruppo germanofono dell’Alto Adige mostra una diversità notevolmente ridotta per quanto riguarda i caratteri genetici che si trasmettono per via paterna. Quella dei caratteri a trasmissione materna è invece relativamente elevata. “Il dato interessante è che questo modello genetico è opposto a quello osservato nella gran parte delle popolazioni europee, comprese quelle di montagna. Al momento l’interpretazione più plausibile è che l’antica tradizione sudtirolese del maso chiuso abbia favorito negli anni la mobilità maschile tra le popolazioni delle valli. Non partecipando alla successione, i figli maschi non primogeniti sarebbero stati incoraggiati a lasciare il paese di origine. Questo avrebbe causato un continuo scambio genetico tra i gruppi, e, nel tempo, lo sviluppo di una omogeneità genetica dei caratteri a trasmissione maschile, contrariamente a quanto accade in gran parte delle popolazioni europee, dove è in prevalenza la donna a spostarsi.
Questa ipotesi rappresenta un nuovo e originale caso studio che fa capire l’impatto della cultura e dei fattori sociali, sulla struttura genetica delle popolazioni umane” conclude Valentina Coia.
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