Come siamo sopravissuti alle infezioni nella nostra storia evolutiva?
Quali sono stati i geni che ci hanno aiutato a resistere ai nostri peggiori nemici?
La selezione naturale ha lasciato delle “impronte” che ci stanno aiutando a capire non solo il passato ma anche il destino futuro della nostra specie.
Milano, 28 marzo 2014 – La rivista PLoS Genetics pubblica uno studio nato dalla collaborazione tra gli IRCCS Eugenio Medea e Fondazione Don Gnocchi, l’Università degli Studi di Milano e l’Università di Milano Bicocca che analizza la storia evolutiva dei geni essenziali per la risposta alle infezioni.
Le malattie infettive sono state una delle principali cause di morte durante l’intera storia evolutiva dell’uomo, basti pensare alle epidemie avvenute in alcuni periodi storici quali la peste bubbonica e l’influenza spagnola o, in tempi più recenti, l’epidemia di HIV.
Per tale motivo le infezioni hanno rappresentato un’importante pressione selettiva, agendo come un setaccio che consenta di sopravvivere e riprodursi solo a chi sia meglio adatto (geneticamente) a rispondervi. La selezione naturale lascia delle “impronte” che possono essere identificate attraverso metodiche di evoluzione molecolare. Identificare tali impronte significa comprendere quali geni e varianti siano stati selezionati per meglio rispondere ad una o più infezioni.
I ricercatori hanno quindi cercato le “impronte” lasciate dalla selezione naturale in geni che cooperano ad un processo noto come presentazione dell’antigene, che è la fase iniziale della risposta immune, ossia di quel fondamentale meccanismo che ci protegge nei confronti delle infezioni stesse.
“I risultati hanno indicato che la selezione naturale ha agito in modo pervasivo su tali geni e questo è avvenuto nel corso di milioni di anni; per comprendere ciò abbiamo analizzato anche i genomi di altri mammiferi per identificare le regioni in cui la pressione selettiva è stata più forte” – spiega la dott.ssa Manuela Sironi dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini. “Abbiamo inoltre identificato eventi selettivi specifici della nostra specie, uno di questi coinvolge una variante che conferisce suscettibilità al morbo di Crohn, evidenziando il legame che esiste tra infezioni e malattie infiammatorie croniche”.
“Queste analisi possono aiutarci a isolare nuove varianti genetiche che predispongano o proteggano da specifici patogeni. Ad esempio lo studio ci ha consentito di identificare una variante che causa una variazione aminoacidica nella proteina langherina, coinvolta nella risposta immunitaria mucosale, e di dimostrare come tale variante protegga dall’infezione da HIV”, aggiunge il prof. Mario Clerici, dell’Università degli Studi di Milano e Fondazione Don C. Gnocchi.
La storia della nostra specie è scritta anche nel nostro genoma; saperla leggere può aiutarci a comprendere come abbiamo combattuto i nostri peggiori nemici, chi sia oggi più vulnerabile ad alcune malattie e quali siano i migliori bersagli molecolari per lo sviluppo di nuove terapie.
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