I tumori cerebrali nel loro complesso sono ancora considerati tumori rari, in quanto costituiscono tra l’1-2% di tutti i tumori: per questo sono ancora poco conosciuti fuori dall’ambito specialistico. Fra questi il glioblastoma è il tipo di tumore più frequente, e rappresenta circa il 50% di tutti i gliomi, un particolare tipo di cancro che coinvolge le cellule di supporto dei neuroni. Proprio su questa neoplasia sono puntati i riflettori degli esperti, che si riuniranno a Milano il 15 aprile 2014 in un convegno sul tema. Il responsabile scientifico dell’incontro è Manuela Caroli, neurochirurgo della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, che ci spiega i dettagli e le ultime scoperte su questa grave patologia.
Trattandosi di un tumore altamente maligno, esso fatalmente recidiva in tempi più o meno brevi nonostante le terapie (chirurgia, radio e chemioterapia) e ancora oggi la sopravvivenza mediana dei pazienti si aggira intorno a un anno e mezzo. Pochi anni fa era di circa un anno. Certamente negli ultimi anni si è assistito a un notevole incremento di studi sperimentali e clinici in merito, che hanno portato a conoscere meglio i meccanismi con i quali questo tumore prolifera, e soprattutto a capire la resistenza che s’instaura quasi sempre nei confronti dei farmaci da noi utilizzati. Inoltre, il miglioramento e la diffusione delle tecniche diagnostiche hanno permesso di pianificare con maggiore accuratezza e sicurezza gli interventi chirurgici, consentendo anche di avere accesso a sedi del cervello un tempo ritenute inoperabili.
La possibilità negli ultimi dieci anni di disporre in prima linea di un chemioterapico per via orale, la temozolomide, più semplice da utilizzare e meno tossico rispetto ai composti usati in precedenza, ha permesso a molti pazienti anche anziani e più fragili di potersi curare, e le tecniche radioterapiche moderne, più rispettose dei tessuti sani hanno nel complesso migliorato la qualità di vita residua degli stessi.
Lo standard alla prima diagnosi è rappresentato da una asportazione chirurgica che sia la più radicale possibile, a cui segue un trattamento combinato di radio e chemioterapia. Al momento, invece, non esiste una terapia di prima scelta delle recidive, per le quali è possibile in casi selezionati effettuare un secondo intervento, e somministrare diversi farmaci. Quando le cure oncologiche non sono ritenute più efficaci il paziente può essere avviato a un’assistenza domiciliare o presso un Hospice di cure palliative. In questo campo c’è ancora molto da fare, anche sul territorio in termini di assistenza, sia al paziente che al suo nucleo familiare.
Nell’ ospedale, all’Unità operativa di Neurochirurgia, da molti anni vi è un’area di interesse specializzata nella Neuro-Oncologia, con un ambulatorio dedicato e un’intensa attività clinica e sperimentale in merito. I pazienti in fase diagnostica hanno a disposizione attrezzature sofisticate (Risonanza Magnetica morfologica, funzionale, spettroscopia, trattografia), una valutazione neuropsicologica (che prosegue anche nel follow-up) e la possibilità di avvalersi di chirurgia con monitoraggio neruofisiologico intraoperatorio, a volte anche a paziente sveglio, per minimizzare i rischi di deficit post-operatori.
Abbiamo inoltre sviluppato una rete di collaborazione con altri istituti sul fronte della radioterapia grazie alla quale il paziente, una volta dimesso, viene subito indirizzato attraverso una corsia preferenziale alla struttura di competenza e successivamente ripreso in carico presso il nostro ambulatorio neuro-oncologico. Partecipiamo attivamente a sperimentazioni cliniche che coinvolgono più centri, anche di calibro internazionale, per poter mettere a disposizione dei nostri pazienti i farmaci più innovativi nel tentativo di migliorare la prognosi di questa patologia. Collaboriamo inoltre a livello sperimentale con il servizio di Anatomia patologica della Fondazione e disponiamo anche di un Laboratorio di Terapia cellulare dove lavorano ricercatori e biologi dedicati.
Nel convegno del 15 aprile, conclude Caroli, si parlerà proprio delle ricerche e delle terapie innovative in merito attraverso un confronto con esperti provenienti da altri centri. “Ci auguriamo che lo scambio di informazioni e la discussione siano proficui e stimolanti per riuscire a sconfiggere in tempi non lontani questo tumore ancora oggi così devastante”.
Fondazione Ca’ Granda
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