AmbienteAstronomiaAttualità ScientificheClimaScienze agro-alimentariSmart City

CLIMA IMPAZZITO- RAPPORTO ONU SUL CLIMA- SMART CITY- LONDRA le morti per inquinamento-Scoperto nuovo pianeta?-Vivere sani

CLIMA IMPAZZITO

IL SAHEL E’ AL MOMENTO LA REGIONE PIU’ TORRIDA DEL PIANETA 

SAHEL05

Il Sahel, la regione dell’Africa sub sahariana intorno ai 10°-15°N, continua a fare registrare le temperature più alte del pianeta in questo periodo.

Giovedì 3 aprile l’area più calda è stata quella tra Mali, Burkina Faso e Niger, con 44,3°C a Segou (Mali), 44,0°C a Tillabery (Niger), 43,6°C a San (Mali), 43,5°C a Dedougou (Burkina F.) e Mopti (Mali), 43,4°C a Dori (Burkina F.), 43,1°C a Kita (Mali), 43,0°C a Yelimane (Mali), 42,7°C a Kayes (Mali) e Fada N’Gourma (Burkina F.), 42,6°C a Niamey (Niger).

Alcune medie delle massime di aprile, il mese più caldo dell’anno in gran parte di questa regione, in °C: Kayes 41,4°, Niamey 40,9°, San 40,0°, Kita 39,5°, Segou 39,3°.

Mercoledì 2 aprile il paese più caldo era stato invece il Sudan, con 44,5°C a Gedaref, 44,4°C ad Atbara, 44,0°C ad Abu Hamed e Kassala, 43,7°C a Sennar, 43,6°C a Karima, 43,3°C nella capitale Khartoum. Alcune medie delle massime di aprile, in °C: Khartoum 40,1°, Atbara 39,4°, Karima 38,8°, Abu Hamed 38,7°, Dongola 38,6°.


CAMBIAMENTI CLIMATICI E PROFONDE RIPERCUSSIONI SULLA VITA DELL’UOMO, NUOVO RAPPORTO ONU

L’IPCC ha presentato un nuovo Rapporto sui cambiamenti climatici: a rischio la sicurezza delle città e delle infrastrutture. Tra i pericoli maggiori: caldo, fenomeni atmosferici violenti, riduzione delle risorse idriche ed alimentari, diseguaglianze sociali.

CAMBIA05

Smart City

Farà più caldo del normale, ci saranno fenomeni atmosferici più violenti, disporremo di minori risorse idriche, aumenteranno i prezzi dei beni alimentari, cresceranno le diseguaglianze sociali per l’aumento incontrollato delle migrazioni dalle aree rurali a quelle urbane: queste alcune delle conseguenze dirette e più evidenti che i cambiamenti del clima determineranno da qui a pochi anni.   È il quadro drammatico emerso dal Rapporto reso pubblico dal Secondo Working Group dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici promosso dalle Nazioni Unite, che chiede a Governi, amministrazioni locali e organizzazioni di settore la massima attenzione sugli effetti che i cambiamenti climatici produrranno, già da subito, sulle città di tutto il mondo, sull’ecosistema nel suo complesso (biodiversità, piante, animali), sulla sicurezza dei cittadini e delle infrastrutture considerate critiche (acqua, energia elettrica, gas).

Acqua potabile, cibo e ambiente sono i temi centrali del Rapporto “Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability, presentato ai media a Yokohama in Giappone, che costituirà il materiale di base per i prossimi negoziati sul clima di Lima (2014) e Parigi (2015).

L’aumento delle temperatura, lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari metteranno in pericolo tutte le città costiere del mondo (e sono la maggioranza) e causeranno fenomeni atmosferici sempre più violenti, esaltati in città della forte presenza di agenti inquinanti che favoriscono l’accumulo di umidità e calore, ingredienti base per l’innesco delle cosiddette ‘bome d’acqua’, ma anche per il perdurare di periodi siccitosi.

 I flussi migratori verso le città (l’80% della popolazione mondiale si riverserà nei centri urbani nel 2035), da soli, causeranno una forte crescita di domanda di risorse alimentari (grano e mais), di quelle idriche e ed energetiche (luce soprattutto e gas). Se ci aggiungiamo i rischi legati al cambiamento climatico in atto, la situazione necessita di interventi strutturali decisi ed efficaci.

Sempre a causa dei processi atmosferici indotti dal global warming, dall’erosione del suolo causata dell’uomo, anche con l’agricoltura intensiva e l’edilizia selvaggia, si avranno inoltre ulteriori situazioni diffuse di siccità e carestie, ma anche di distruzioni dovute a inondazioni e alluvioni.

 Si fa quindi urgente, da parte delle Istituzioni e dei centri di ricerca, una più profonda e consapevole comprensione di questi fenomeni “per essere il prima possibile pronti a gestire e risolvere situazioni di crisi”, ha spiegato Rajendra Pachauri, co-chairman dell’IPCC. 

                                                                                                                      ACCADE NEL MONDO

Londra e il sudest dell’Inghilterra alle prese con uno spaventoso inquinamento che ricorda i 4.000 morti da smog del 1952

LOND05

Momenti di vero panico in questi giorni a Londra e nel sud est dell’Inghilterra per un esasperato inquinamento atmosferico che non accenna, ancora oggi 6 aprile, a “diluirsi”. Problemi respiratori fino a venerdì hanno interessato un’alta percentuale di londinesi. Più di 10.000 chiamate di soccorso sono giunte al Pronto Soccorso della capitale inglese, tutte legate a difficoltà respiratorie. Da qui è esploso il terrore da parte dei londinesi; un terrore più che giustificabile, perché, soprattutto le persone più anziane, ricordano il dramma del dicembre del 1952 a Londra quando a causa di 6 giorni di smog intenso morirono oltre 4.000 persone e ne rimasero colpite da affezioni respiratorie croniche altre 80.000. In questi giorni si sono ripetute le condizioni meteoclimatica di oltre mezzo secolo fa, solo che a differenza di allora, e per fortuna, non ci sono state più le alte concentrazioni di anidride solforosa e di vari ossidi aggressivi rilasciati della combustione del carbone, altrimenti avremmo avuto altri migliaia di morti.

Da quel disastro ecologico scaturirono leggi, poi applicate in tutta Europa, che vietavano e vietano  la combustione soprattutto nei riscaldamenti domestici del carbone.

Oggi quindi non è più quel tipo di smog che ci  preoccupa, ma un altro conosciuto come  smog fotochimico. Per intenderci è quello che, con la complicità dei raggi solari, si trasforma in ozono. E’ questo un inquinamento dell’aria più silenzioso e invisibile rispetto a quello prodotto dalla combustione del carbone, ma non per questo innocuo, anzi, può scatenare negli esseri viventi varie affezioni come allergie croniche o, peggio, tumori ai polmoni.  Rei di questa miscela mortale sono i particolati finissimi ( Pm 2,5 ), gli idrocarburi e gli ossidi di azoto rilasciati dai mezzi di trasporto, comprese le nostre automobili. Questo smog, silenzioso e invisibile, solo in Italia, secondo le stime degli esperti, ogni anno uccide alcune migliaia di persone.

Bene quindi la proposta dell’Uirnet di prevedere entro 10 anni la circolazione viaria dentro le nostre città solo con mezzi dotati di motori elettrici o a idrogeno.

SCOPERTO UN NUOVO PICCOLO PIANETA NELLA NUBE DI OORT, MA CHE POTREBBE ESSERE IL SATELLITE DI UN PIANETA PIU’ GRANDE DELLA TERRA

    Dalla prestigiosa rivista scientifica: NATURE International weekly journal of science :  

OORT05

Credit: NASA    

Scoperto nella Nube di Oort un altro piccolo pianeta, forse figlio del nostro Sole o di un altro corpo ancora sconosciuto, 10 volte più grande della Terra. Questo è l’enigma che sta appassionando astronomi ed astrofisici di tutto il mondo. Questo nuovo pianetino si chiama 2012 VP113, e si trova oltre il confine del Sistema Solare interno. Secondo gli scienziati si tratta del primo membro certo della Nube di Oort, che è la fascia più esterna in orbita intorno al Sole. Ma la notizia più incredibile è quella che questo piccolo pianeta sembra indicare: la presenza di un enorme pianeta molto più grande del nostro.  Questo ipotetico nuovo grande pianeta del Sistema Solare potrebbe spiegare anche disturbi visti in altri corpi oltre all’orbita di 2012 VP113.

Il Sistema Solare può essere diviso in tre parti: i pianeti rocciosi interni come la Terra o Marte; i giganti gassosi come Giove ma anche Nettuno, ed infine gli oggetti di ghiaccio e roccia della lontana Cintura di Kuiper, di cui fanno parte i pianeti nani come Plutone, Eris, Makemake, etc. Oltre questo confine conosciamo pochissimo del Sistema Solare, stiamo parlando della nube di Oort ( vedi illustrazione NASA ).  Qui abbiamo scoperto soltanto un’altro oggetto che arriva da regioni così lontane, ed è Sedna. Ma questo nuovo pianeta nano ha un’orbita ben più lontana di Sedna ed è ad oggi il corpo più esterno mai scoperto nel Sistema Solare.

 2012 VP113 ha un diametro intorno ai 450 km (un po’ più piccolo di Vesta), arriva nel suo punto più vicino al Sole a circa 80 volte la distanza che separa noi dalla nostra stella (80 Unità Astronomiche). Per darvi un’idea di quanto significa, la regione interna del Sistema Solare, dei pianeti rocciosi, si trova da 0.39 a 4.2 Unità Astronomiche. I giganti gassosi si trovano da 5 a 30 Unità Astronomiche, mentre la Cintura di Kuiper, composta da migliaia di oggetti di ghiaccio, va da 30 a 50 Unità Astronomiche. Nel sistema solare interno c’è un confine distinto a circa 50 UA. Fino ad ora conoscevamo soltanto Sedna come oggetto che periodicamente esce da questo confine, arrivando a 76 UA.

Gli scienziati che hanno scoperto 2012 VP113 suppongono che nell’immensa nube di Oort possano trovarsi molti altri corpi con diametri superiori ai 1000 km. Secondo gli astronomi Sheppard e Trujillo in questa nube potrebbero incontrarsi pianeti anche più grandi della nostra Terra. Insomma pensavamo di conoscere bene il nostro sistema solare e, invece, “tutto da rifare” e chissà quali sorprese ci attendono ancora. Il piccolo pianeta 2012 VP113, secondo alcuni scienziati della NASA potrebbe essere un satellite di un pianeta molto più grande della nostra Terra

                                                                                                             FRUTTA E VERDURA PER VIVERI SANI E A LUNGO.

FRUT05

L’azione benefica dei vegetali nella dieta è emersa dopo che i ricercatori dell’University College di Londra dell’University College di Londra hanno analizzato i dati sullo stile di vita, la salute e le abitudini alimentari di oltre 65 mila persone. A consigliare di favorire l’apporto di cibi vegetali nella propria dieta è uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology e Community Health, che mostra come si possa migliorare la propria salute e scongiurare il rischio di morte prematura per qualsiasi causa.

La ricerca dello University College London è stata effettuata su un campione di più di 65.000 adulti di almeno 35 anni di età. L’analisi ha dimostrato che mangiare frutta e verdura è correlabile a un minor rischio di morte in generale e di morte per malattie cardiache, ictus e cancro. Più alto è il consumo di frutta e verdura, maggiori sono gli effetti protettivi.

Importantissima soprattutto la funzione della verdura, in questo senso: una porzione di insalata al giorno abbassa il rischio di passare a miglior vita del 13%, contro una riduzione del 4% legata al consumo di una porzione di frutta.   Dall’indagine risulta che consumare da 1 a 3 porzioni di frutta e verdura al giorno riduce il rischio di decesso del 14%, mentre mangiarne da 3 a 5 o da 5 a 7 lo abbassa, rispettivamente, del 29% e del 36%. Per ottenere però il massimo dei risultati, abbattendo del 42% il rischio di morte, andrebbero consumate ben 7 porzioni quotidianamente.

“Sappiamo tutti che mangiare frutta e verdura fa bene – ha commentato Oyinlola Oyebode, che ha condotto lo studio – ma l’entità dell’effetto è sbalorditiva”. Tuttavia raggiungere la quota ideale di 7 porzioni al giorno sembra un po’ utopistico, bisognerebbe comunque cercare di integrare la propria dieta con questi alimenti dall’indubbia funzione benefica.”

Vanno fatte però delle importanti distinzioni tra frutta e verdura fresche e il consumo di frutta sciroppata e succhi, che non rientrano nel novero degli alimenti con effetti positivi sull’organismo, ma anzi sembra che aumentino le probabilità di decesso. In particolare nel caso della frutta sciroppata l’elevato contenuto di zuccheri ha conseguenze negative che “potrebbero tranquillamente superare qualsiasi beneficio”, spiega Oyebode.