Una nuova mappa giunta dal satellite Planck dell’ESA mostra le curve del campo magnetico della nostra galassia. È un’immagine ottenuta osservando a tutto cielo la luce polarizzata emessa dalla polvere interstellare presente nella Via Lattea
Tra le forme che può assumere l’energia, la luce è quella che ci è forse più familiare. Eppure alcune delle sue proprietà rimangono pressoché inaccessibili alla nostra esperienza quotidiana. Una di queste è la polarizzazione: in essa gli astronomi sono in grado di rinvenire numerose informazioni su quanto è accaduto a un raggio di luce lungo il tragitto che lo ha condotto sino a noi.
La luce può essere descritta come una serie di onde formate da campi elettrici e magnetici che oscillano lungo piani ortogonali l’uno nei confronti dell’altro e rispetto alla direzione di marcia. Questi campi, di norma, sono orientati indistintamente in tutte le direzioni. Se però le oscillazioni tendono a preferire un orientamento particolare, diciamo che la luce è “polarizzata”. È quanto accade, per esempio, con la luce riflessa da una superficie, come quella di uno specchio o del mare. Esistono anche particolari filtri – come quelli usati negli occhiali polarizzati – in grado d’assorbire la luce polarizzata, riducendo così l’abbaglio dovuto ai riflessi del sole.
Nello spazio, anche la luce emessa da stelle, gas e polvere può essere polarizzata, e in vari modi. Misurando la quantità di polarizzazione in essa presente, gli astronomi riescono a studiare i processi fisici che l’hanno causata. In particolare, la polarizzazione può essere la spia dell’esistenza di campi magnetici nel mezzo interstellare che la luce ha attraversato, e può aiutare a ricostruirne le proprietà.
La mappa rilasciata oggi è stata ottenuta utilizzando i rivelatori a bordo di Planck come se fossero l’equivalente astronomico di occhiali da sole polarizzati. Un’immagine inedita nella quale vortici, anse e archi ricalcano la topografia del campo magnetico nella nostra galassia, la Via Lattea.
Oltre a ospitare centinaia di miliardi di stelle, infatti, la nostra galassia contiene una miscela di gas e polveri, che è poi la materia prima necessaria a formare le stelle stesse. I minuscoli grani di polvere in essa presenti, pur avendo temperature bassissime, riescono comunque a emettere radiazione elettromagnetica, ma solo a frequenze inferiori a quelle della luce visibile – dagli infrarossi alle microonde. Nel caso in cui la conformazione dei singoli grani non sia sferica, si registrerà un’asimmetria nella radiazione da essi emessa: in particolare, sarà maggiore quella che oscilla parallelamente all’asse più lungo del grano. Di conseguenza, avremo luce polarizzata.
Se l’orientamento dei singoli grani presenti in una nube di polvere fosse casuale, nel complesso la luce risultante non apparirebbe polarizzata. Ma nella maggior parte dei casi i grani di polvere cosmica, spinti da collisioni con fotoni e atomi in rapido movimento, ruotano su se stessi a velocità impressionante, decine di miliardi di volte al secondo. E poiché le nubi interstellari presenti nella Via Lattea sono solcate da campi magnetici, l’asse di rotazione dei grani di polvere tende ad allinearsi in modo perpendicolare alla direzione del campo magnetico che li avvolge. Nella luce emessa è così possibile riscontrare – e misurare – una componente in polarizzazione. Permettendo così agli astronomi di studiare la struttura del campo magnetico galattico e, in particolare, l’orientamento assunto dalle linee di campo proiettate sul piano celeste.
Nella nuova immagine prodotta da Planck, le zone più scure corrispondono a quelle nelle quali l’emissione polarizzata è più intensa, mentre le striature indicano la direzione del campo magnetico proiettata sul piano celeste. Avendo il campo magnetico della Via Lattea una struttura tridimensionale, se lungo la linea di vista le curve del campo sono molto disorganizzate diventa molto difficile interpretarne l’orientamento complessivo: un po’ come cercare di cogliere l’allineamento prevalente d’una matassa di filo studiandone una sezione che l’attraversa. Tuttavia, l’immagine di Planck mostra come, in alcune regioni del campo magnetico galattico, sia presente un’organizzazione a grande scala.
La banda scura che corre orizzontalmente al centro dell’immagine corrisponde al piano galattico. In esso, dalla polarizzazione emerge uno schema regolare, su grandi scale angolari, dovuto al fatto che le linee del campo magnetico scorrono prevalentemente parallele al piano della Via Lattea. I dati rivelano anche variazioni nella direzione di polarizzazione all’interno delle nubi di gas e polvere confinanti. Un fenomeno ben visibile in alcune forme aggrovigliate presenti al di sopra e al di sotto del piano galattico, laddove il campo magnetico locale è particolarmente disorganizzato .
I dati di polarizzazione galattica raccolti da Planck sono descritti e analizzati in una serie di quattro articoli appena sottoposti alla rivista Astronomy & Astrophysics. Lo studio del campo magnetico della Via Lattea non è però l’unica ragione che ha spinto gli scienziati di Planck a interessarsene. Celato dietro all’emissione di foreground della nostra galassia c’è infatti il segnale primordiale della radiazione cosmica di fondo (CMB), la luce più antica dell’Universo. Planck ha già prodotto una mappa dell’intensità della CMB con una precisione senza precedenti. Gli scienziati stanno ora cercando di misurarne anche la polarizzazione. Una misura, questa, che rientra fra gli obiettivi principali della missione di Planck, perché potrebbe fornire la prova dell’esistenza delle onde gravitazionali primordiali, quelle prodotte nell’Universo immediatamente dopo il Big Bang.
Nel marzo scorso, gli scienziati della collaborazione BICEP2 hanno annunciato di avere rilevato per la prima volta questo segnale nei dati raccolti su una singola frequenza delle microonde, ed entro una porzione di cielo, utilizzando un telescopio dal Polo Sud. Un presupposto piuttosto critico di questa scoperta è che, in quella porzione di cielo, l’emissione polarizzata di foreground sia pressoché trascurabile. Alla fine del 2014, gli scienziati della collaborazione Planck renderanno pubblici i dati basati sulle osservazioni della luce polarizzata per l’intero cielo e in sette frequenze. Il confronto fra dati a diverse frequenze dovrebbe consentire agli astronomi di individuare con ragionevole sicurezza, e dunque di scartare, ogni possibile contaminazione dovuta a emissioni di foreground, permettendo così di isolare il tenue segnale primordiale polarizzato.
«Questo nuovo risultato di Planck, con la misura della polarizzazione della radiazione galattica, è un’ulteriore conferma della qualità degli strumenti di bordo, LFI in particolare, che sono stati realizzati con un grande impegno da parte degli scienziati e dell’ASI. Un impegno, anche per l’ASI, che continua ora quando ormai il satellite non è più operativo, ma l’analisi dati raggiunge il suo apice e molto ancora ci aspettiamo nei prossimi mesi», afferma Enrico Flamini, responsabile scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana.
«Quest’immagine rappresenta la miglior prova finora pubblica della capacità di Planck di misurare la polarizzazione. È la mappa della polvere a latitudini galattiche basse e intermedie: sono dunque escluse le regioni nelle quali l’incidenza della polvere è bassa, le più utili per fare cosmologia, fra le quali la porzione di cielo osservata da BICEP2. Perciò non è da questa mappa», sottolinea Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI di Planck e associato INAF, «che si potranno trarre elementi utili a confermare, o meno, il risultato di BICEP2. Però ci dice che i risultati in polarizzazione sono già qui che mordono, e che probabilmente avranno un maggior impatto rispetto a quelli in temperatura resi pubblici nel 2013. In ogni caso, non esistono a oggi mappe così precise della polarizzazione della polvere nella nostra galassia. E questo ci fa ben sperare circa la capacità di Planck di confermare o meno l’esistenza dei cosiddetti “modi B” della CMB che BICEP2 afferma di aver misurato».
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