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Al Gemelli, primo ospedale del Lazio, trattati con successo due pazienti per patologie vitreo e retina con nuova terapia farmacologica.
Si chiama Ocriplasmina il farmaco impiegato con ottimi esiti presso la Clinica Oculistica del Policlinico universitario, diretta dal professor Aldo Caporossi, che permette di curare gravi patologie quali le sindromi da trazione vitreomaculare grazie a una unica iniezione intravitreale senza ricorrere all’intervento chirurgico.
Curati con successo due anziane pazienti affette da severe patologie del vitreo e della retina grazie a un trattamento farmacologico innovativo e mininvasivo con l’Ocriplasmina eseguito presso l’Unità operativa complessa di Oculistica del Policlinico universitario “A. Gemelli”, diretta dal professor Aldo Caporossi. È la prima volta nel Lazio. Si tratta di una iniezione intravitreale di un enzima proteolitico, l’Ocriplasmina, in grado di arrestare le sindromi da trazione vitreomaculare anomala (VMT) senza dover ricorrere all’intervento chirurgico.
La trazione vitreomaculare è una patologia molto frequente nelle persone anziane e invalidante, in cui il vitreo (la parte interna fluida dell’occhio) presenta una anomala forte aderenza con la macula (la porzione centrale della retina responsabile della visione distinta), danneggiando gravemente la vista. In Europa si stima che soffrano di questa patologia circa 250.000-300.000 pazienti. Fino a oggi l’unico trattamento per questo tipo di malattia era rappresentato dalla vitreoctomia, un sofisticato intervento chirurgico di rimozione del vitreo e di rilascio delle trazioni vitreomaculari anomale.
La terapia innovativa è stata eseguita per la prima volta nella Regione Lazio in una struttura ospedaliera dal prof. Caporossi, Direttore dell’Istituto di Oftalmologia dell’Università Cattolica, con i dottori Angelo Maria Minnella e Andrea Stefano Scupola. Le due pazienti, di 71 e 77 anni, entrambe affette da trazione vitreomaculare anomala e iniziale foro maculare a tutto spessore, sono state trattate con un’unica somministrazione del principio attivo Ocriplasmina per via intravitreale.
“Lo studio costante dei problemi che affliggono i nostri occhi – spiega il prof. Caporossi – ha portato in questi ultimi anni a uno sviluppo impressionante di strumenti per la diagnosi e il controllo di molte malattie oculari. In particolare, la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT) ha contribuito a comprendere il meccanismo patogenetico di alcune patologie dell’interfaccia tra vitreo e retina. Abbiamo capito, per esempio, che una separazione anomala del vitreo porta allo sviluppo del foro maculare e della trazione vitreo maculare. Queste patologie in passato richiedevano necessariamente l’intervento chirurgico di vitrectomia, ma oggi possono essere trattate con un’unica iniezione intravitreale di un farmaco in grado di sciogliere la trazione vitreale, evitando le possibili e ben più gravi complicanze legate all’intervento chirurgico. L’impiego dell’Ocriplasmina – conclude Caporossi – rappresenta una svolta importante nella cura di queste patologie oculari ed è foriera di ulteriori indicazioni e sviluppi”.
Il beneficio dell’innovativo trattamento farmacologico rispetto a quello tradizionale consiste nel risolvere precocemente la VMT e nell’evitare l’intervento chirurgico e il disagio post-operatorio per il paziente. Nei casi di insuccesso del trattamento farmacologico, non riuscendo cioè a rilasciare le trazioni vitreomaculari, non è pregiudicata la possibilità di un eventuale intervento chirurgico per risolvere in via definitiva la patologia.
Lo studio clinico di fase 3, i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, ha portato alla registrazione del farmaco negli Stati Uniti nel 2012 e alla successiva approvazione anche in Europa e in Italia nel 2013. Tale studio ha dimostrato l’efficacia e la sicurezza dell’Ocriplasmina e il successo di rilascio delle trazioni vitreomaculari anomale e della chiusura del foro maculare. In particolare, la percentuale di successo di rilascio delle trazioni vitreomaculari anomale è del 26,5% e della chiusura del foro maculare del 40,6%. Successivi studi clinici hanno dimostrato una percentuale maggiore di successo selezionando accuratamente i criteri di inclusione prima del trattamento.
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