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Quando un raggio laser penetra nella nebbia, la luce si diffonde in tutte le direzioni propagandosi rapidamente. Alcune volte e in specifiche condizioni si verifica un fenomeno noto come localizzazione di Anderson: la normale diffusione delle onde è inibita dalla presenza di un forte disordine che le “spinge” e le “confina” in una zona abbastanza limitata, come la pallina di un flipper che rimbalza in tutte le direzioni, ma non esce dal biliardino.In questo modo il fascio laser può essere localizzato e intrappolato formando punti estremamente luminosi e concentrati.
Sfruttando questo fenomeno, un team di ricerca internazionale ha sviluppato un nuovo tipo di fibra ottica in cui la luce intrappolata segue il percorso desiderato, rimanendo concentrata, invece di diffondersi in tutte le direzioni. Questa tecnica apre importanti prospettive per le applicazioni dei laser nelle telecomunicazioni (tecnologie fotoniche, quantistiche) e in medicina per la chirurgia laser.
I segnali luminosi che viaggiano su queste linee di trasmissione portano più informazioni rispetto alle fibre ottiche convenzionali in cui soltanto un canale spaziale di luce attraversa la fibra.
“In chirurgia, si può utilizzare una fibra ottica per trasportare un fascio laser e realizzare tagli molto precisi, uniti a un effetto coagulante – spiega Claudio Conti, direttore dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr – Il taglio è tanto più preciso, quanto più la luce è focalizzata, e le nuove fibre potrebbero migliorare la precisione di questo bisturi laser. Nel campo delle telecomunicazioni le fibre consentirebbero di trasmettere più segnali nella stessa linea di trasmissione utilizzando i diversi canali spaziali creati al loro interno dalla forma disordinata”.
Lo studio, condotto dall’Istituto dei sistemi complessi (Isc-Cnr) e dall’Istituto per i processi fisico chimici (Ipcf-Cnr) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, il Dipartimento di Fisica della Sapienza, e l’Università del Wisconsin è stato appena pubblicato sulla rivista’Nature Communications’.
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