Comunicazioni ScientificheEnti RicercaGeneticaIstituzioni sanitarieMalattieOnco/ematologia

Cosa è una Leucemia Mieloide Cronica ?

Leucemia mieloide cronica

lmc05

 

 

 

Cos’è

La leucemia mieloide cronica (LMC) ha origine dalle cellule del midollo osseo che rappresentano i precursori delle cellule del sangue (piastrine, globuli rossi e globuli bianchi tranne i linfociti). Nella leucemia, queste cellule immature non riescono a completare il processo di trasformazione che le porta a diventare “adulte” e si accumulano in forma immatura (blasti) nell’organismo. Il termine “cronica” indica che la malattia ha una progressione lenta nel tempo e può rimanere asintomatica anche per anni nella sua fase iniziale.

 Quanto è diffusa

La LMC è relativamente rara e in Italia colpisce circa 2 persone (2,4 per gli uomini e 1,8 per le donne) ogni 100.000. Si stimano quindi ogni anno circa 650 nuovi casi tra gli uomini e 500 tra le donne.

È una malattia che colpisce soprattutto in età avanzata come dimostra il fatto che meno del 30% dei casi viene diagnosticato prima dei 60 anni.

Chi è a rischio

Non si conoscono molti fattori di rischio per la LMC. L’esposizione ad alte dosi di radiazioni è l’unico fattore ambientale noto, mentre non sono stati dimostrati legami tra la malattia e comportamenti legati allo stile di vita come il fumo e l’alimentazione, l’esposizione a sostanze chimiche o infezioni virali. I principali fattori di rischio non modificabili – sui quali cioè non si può intervenire per limitare il rischio – sono l’età avanzata e l’essere uomo.

Tipologie

In genere non si parla di sottotipi di LMC, ma ci possono essere differenze a livello molecolare. La maggior parte dei casi di LMC (oltre il 90%) presenta infatti il cosiddetto cromosoma Philadelphia, formato dalla fusione anomala dei cromosomi 9 e 22. Questo “errore” cromosomico porta alla formazione del gene BCR-ABL, che è responsabile della crescita incontrollata delle cellule tumorali. In una piccola percentuale di casi, invece, il gene BCR-ABL è presente anche in mancanza del cromosoma Philadelphia.

Sintomi

In molti casi le persone colpite da LMC non presentano sintomi al momento della diagnosi che spesso avviene per caso, per esempio durante un controllo generale o per un’altra patologia. Inoltre, anche se presenti, i sintomi sono spesso poco specifici e comuni a molte altre malattie: debolezza, febbre, sudorazione notturna, perdita di peso, dolore alle ossa, dolore o senso di “pienezza” al ventre, dolore alle ossa o alle articolazioni e milza ingrossata. Sono presenti inoltresanguinamenti (frequenti quelli di naso e gengive), infezioni e stanchezza legati alla riduzione delle normali cellule del sangue che sono sostituite da quelle tumorali.

prevenzione

Non è possibile definire strategie di prevenzione efficaci per la LMC dal momento che non sono stati identificati fattori di rischio modificabili sui quali intervenire. L’unica raccomandazione utile è evitare se possibile di esporsi ad alte dosi di radiazioni.

Diagnosi

Per una corretta diagnosi è importante rivolgersi al medico di base o allo specialista che dopo una attenta visita di valutazione dei segni e dei sintomi della malattia prescriverà gli esami più adatti. In caso di sospetto, si parte in genere con un esame del sangue: da un semplice prelievo è infatti possibile osservare il numero e la forma di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Se da questo primo esame emergono anomalie si procede con un secondo esame del sangue di conferma o con un prelievo di midollo. Sui campioni prelevati vengono effettuati test più accurati anche di tipo molecolare per avere la conferma definitiva della malattia (per esempio determinando la presenza del cromosoma Philadelphia e del gene BCR-ABL). In seguito si passa alla cosiddetta diagnostica per immagini (TAC, risonanza magnetica, raggi X ed ecografia), utile per capire quanto e dove è diffuso la malattia.

Evoluzione

L’evoluzione della LMC non viene suddivisa in stadi, come avviene per i tumori solidi, ma in 3 fasi con una classificazione che si basa soprattutto sul numero di cellule immature (blasti) presenti nel sangue e nel midollo osseo. I limiti che distinguono una fase dall’altra possono variare leggermente a seconda del sistema di classificazione usato, ma il più usato è stato proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e prevede:

  • Fase cronica: la percentuale di blasti è inferiore al 10%, i sintomi sono assenti o molto lievi e, in genere, c’è una buona risposta alle terapie. Questa fase può durare mesi o anche anni.

  • Fase accelerata: si verifica in presenza di uno di questi criteri: la percentuale di blasti è tra il 10 e il 20%, c’è un alto numero di globuli bianchi basofili (fino al 20%), c’è un alto numero di globuli bianchi che non diminuiscono con il trattamento, il numero di piastrine molto alto o molto basso, oppure si riscontrano nuove modificazioni nei cromosomi nelle cellule tumorali. In questa fase la risposta al trattamento è meno buona.

  • Fase blastica (o fase acuta o crisi blastica): la percentuale di blasti è superiore al 20%. In questa fase la malattia si diffonde oltre il midollo e si comporta in modo più aggressivo, come accade per la leucemia acuta.

Come si cura

Da circa una decina d’anni il trattamento standard per la LMC è rappresentato dai cosiddetti farmaci intelligenti, molecole che colpiscono in modo mirato il gene BCR-ABL presente nelle cellule malate e non in quelle sane. Imatinib è il nome del capostipite di questi farmaci, che ha letteralmente rivoluzionato il trattamento della malattia e la sopravvivenza dei pazienti: si assume per via orale una volta al giorno e in genere riesce a tenere sotto controllo la malattia evitando la progressione verso la fase blastica. La terapia con imatinib deve essere fatta per tutta la vita, ma viene di sollito ben tollerata perchè gli effetti collaterali sono molto lievi rispetto a quelli dei farmaci tradizionali. A volte però l’efficacia dell’imatinib diminuisce con il tempo, e si può rimediare con farmaci “di seconda generazione” che agiscono contro lo stesso bersaglio (dasatinib e nilotinib). Inizialmente era possibile prescrivere questi farmaci solo dopo un primo trattamento con imatinib, ma oggi il nilotinib è approvato in Italia anche come trattamento iniziale. Altre molecole capaci di bloccare il gene BCR-ABL sono già disponibili in altri Paesi sono in fase di studio e approvazione anche in Italia.

Prima dell’avvento dei farmaci mirati, le prospettive di cura o di controllo della malattia per un paziente con LMC erano molto più scarse. Inizialmente il trattamento privilegiato era la chemioterapia tradizionale a basse dosi, ma il suo utilizzo si è progressivamente ridotto con l’introduzione dell’interferone, rimasto per anni il trattamento di prima scelta a partire dagli anni Ottanta, e dell’imatinib più tardi. Oggi la chemioterapia viene utilizzata se gli inibitori di BCR-ABL non funzionano o come parte della procedura che precede il trapianto di cellule staminali. La radioterapia non viene in genere utilizzata per il trattamento della LMC, ma in alcuni casi è utile per ridurre il dolore alle ossa o la dimensione degli organi ingrossati come la milza. Un ruolo simile riveste la chirurgia, che viene usata in casi estremi per rimuovere la milza quando non è possibile ridurne le dimensioni con farmaci o radiazioni.

Dopo la terapia di consolidamento è possibile procedere con un trapianto di cellule staminali emopoietiche, capaci cioè di generare le cellule del sangue. La scelta di procedere con il trapianto dipende dal paziente (è adatto a pazienti più giovani), dalle caratteristiche della malattia, dai fattori prognostici e dalle disponibilità di un donatore. Le cellule staminali possono essere prelevate dal sangue o dal midollo osseo dello stesso paziente (trapianto autologo) o di un donatore (trapianto allogenico). Il trapianto autologo è raro in questo tipo di leucemia a causa del rischio di trapiantare anche cellule malate assieme a quelle sane e si ricorre quindi più spesso al trapianto allogenico. Le cellule staminali trapiantate vanno a sostituire quelle del midollo osseo originale, danneggiate pesantemente dalla chemioterapia, e cominciano a formare nuove cellule del sangue normali.

Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico

 AIRC

Ultimo aggiornamento lunedì 25 novembre 2013.

Agenzia Zoe

Articolo conforme ai principi HONCode