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Le biotecnologie, intese nel significato più ampio del termine, possono essere definite come “ogni tecnologia che utilizza organismi viventi (quali batteri, lieviti, cellule vegetali, cellule animali di organismi semplici o complessi) o loro componenti sub-cellulari purificati (organelli ed enzimi) al fine di ottenere notevoli quantità di prodotti utili, oppure per migliorare le caratteristiche di piante e animali o, ancora, per sviluppare microrganismi utili per specifici usi”
Il termine “biotecnologia” è una parola nuova che descrive però una disciplina antica, risalente alla preistoria (preparazione di bevande e cibi fermentati). In effetti già migliaia di anni fa l’uomo ha iniziato a produrre birra, vino, pane e a trasformare il latte in yogurt e formaggio. I nostri antenati non conoscevano però i meccanismi alla base della trasformazione di prodotti naturali in cibi e bevande (lievitazione, fermentazione, ecc.) e cioè non sapevano che alla base di questi processi voi erano specifici microrganismi viventi.
Louis Pasteur (1861), comprende e descrive eventi usuali, ma misteriosi, quali la preparazione della birra o la fermentazione del latte, individuando i microrganismi responsabili delle trasformazioni. Con gli studi di Pasteur che, a ragione, può essere considerato il padre della biotecnologia, vengono così poste le premesse per i processi fermentativi sfruttati dall’attuale bioindustria, che fa uso di colture pure di microrganismi per la produzione di alimenti, bevande e altri prodotti utili.
Le ulteriori fasi di sviluppo delle biotecnologie che consentono il passaggio da quelle tradizionali (scarsa/nessuna conoscenza dei meccanismi biologici alla base dei processi osservati) a quelle innovative, sono legate sia alla selezione e caratterizzazione dei ceppi di microrganismi utilizzati sia alla messa a punto di tecnologie per la loro coltivazione e l’ottimizzazione dei processi produttivi.
La discriminante, che consente però di parlare a pieno titolo di biotecnologie innovative, è rappresentata dalla tecnologia del DNA ricombinante (ingegneria genetica). L’ingegneria genetica è una scienza nata negli anni Ottanta dalla confluenza di metodologie della genetica e della biologia molecolare. In questi trenta anni si è specializzata in una serie di metodologie sperimentali rivolte all’isolamento, alla caratterizzazione e alla manipolazione dei geni.
Il clonaggio si basa sulla possibilità di inserire in maniera stabile un singolo frammento di DNA in una singola cellula batterica. Questa cellula si replica con enorme velocità e con lei si replica nello stesso tempo il frammento di DNA introdotto artificialmente. Dopo che un gene è stato isolato, l’ingegneria genetica permette di studiarne la struttura, la funzione e la regolazione e di intervenire sulla sua natura.
Le moderne biotecnologie si basano su una serie di progressi della genetica molecolare effettuati tra il 1950 e il 1975. Una parte importante delle biotecnologie innovative consiste infatti nell’individuare, trasferire e modificare i geni, costituiti appunto da DNA, che contengono le istruzioni per produrre specifiche proteine funzionali o strutturali.
DNA ricombinante: tappe operative □ Isolamento di molecole di DNA (geni) in purezza o loro sintesi in laboratorio
□ Trasferimento delle molecole di DNA prescelte in cellule di origine diverse (in genere batteri con conseguente ricombinazione dei due tipi di DNA e formazione di ibridi molecolari)
□ Selezione dei cloni cellulari contenenti il DNA nuovo, capaci di sintetizzare il prodotto e/o la funzione, codificati dal nuovo gene trasferito
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