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Infarto, scoperta una molecola “freno” che rende inoffensive cellule immunitarie che lo favoriscono
Un lavoro di ricercatori di cardiologia dell’Università Cattolica di Roma che sarà presentato domani al Policlinico Gemelli in occasione di un incontro per fare il punto sul ruolo dei processi infiammatori nell’infarto. Studi in corso potrebbero dimostrare la validità di terapie preventive antinfiammatorie specifiche per evitare attacchi cardiaci.
Roma, 17 ottobre 2014 – Scoperta da ricercatori di cardiologia dell’Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli di Roma una “molecola-freno” che potrebbe divenire una chiave per prevenire l’infarto: si tratta di un meccanismo molecolare che rende inoffensive cellule immunitarie con proprietà infiammatorie che favoriscono la rottura della placca aterosclerotica e quindi la formazione di un coagulo che causa l’infarto. La scoperta può avere ricadute importanti perché identifica nuovi bersagli a livello delle cellule pro-infiammatorie per la prevenzione dell’infarto. I risultati di questa ricerca verranno pubblicati sulla rivista Basic Research in Cardiology, una prestigiosa rivista scientifica europea.
Si tratta di uno degli studi che saranno presentati domani, sabato 18 ottobre nel corso del convegno intitolato Twenty years of CRP in cardiology: just another biomarker or a look to the future? che si terrà al Policlinico Gemelli di Roma (aula 616, ore 8.00 – 18.00) promosso dal Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dell’ospedale universitario, diretto dal professor Filippo Crea. All’evento saranno presenti i massimi esperti mondiali sul fronte della ricerca sulle cause infiammatorie dell’infarto e sull’uso della proteina C reattiva come marcatore molecolare di questi stati infiammatori e quindi del rischio di infarto. Spicca tra tutti la presenza del professor Attilio Maseri, uno dei massimi cardiologi a livello mondiale.
“Il meeting – spiega il professor Luigi Marzio Biasucci del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico A. Gemelli – è volto a fare il punto sugli studi in corso in tutto il mondo sui meccanismi dell’aterosclerosi, su quali siano le cause scatenanti questa patologia che determina il rischio di infarto. Oggi curiamo bene gli infarti ma non riusciamo a prevenirli altrettanto bene perché non conosciamo i meccanismi che causano l’occlusione improvvisa delle arterie che portano sangue al cuore”. Si può ridurre il colesterolo in un paziente, controllare il diabete – tutti fattori di rischio noti per il cuore – ma ancora non si utilizza una terapia antinfiammatoria specifica per contrastare l’infiammazione delle arterie evidenziati da alti livelli di proteina C reattiva* nel sangue”.
“A oggi”, ribadisce il professor Biasucci, “non esistono terapie specifiche per ridurre i processi infiammatori al pari di quelle utilizzate per ridurre il colesterolo o la glicemia. Ciò nondimeno, continua, la promessa è in nuove ricerche che daranno i primi risultati nel giro di un paio di anni: “studi in corso con farmaci antinfiammatori specifici (come quelli usati per l’artrite reumatoide) sono volti a vedere se in pazienti con proteina C elevata si riesce a prevenire il rischio di eventi cardiovascolari. Se questi studi saranno positivi si potrà capire come prevenire un infarto con farmaci antinfiammatori specifici, andando a controllare i meccanismi infiammatori che sono alla base dell’aterosclerosi.
Lo studio presso l’Università Cattolica di Roma
Va esattamente in questa direzione una serie di studi in corso al Policlinico Gemelli di Roma tra cui quello sulla molecola freno anti-infarto, condotto dalla Professoressa Giovanna Liuzzo del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari.
Quando si forma la placca aterosclerotica che danneggia le arterie, in corrispondenza di essa sono presenti specifiche cellule immunitarie con proprietà pro-infiammatorie. Queste cellule – linfociti T – hanno un freno molecolare chiamato “CD31”.
“Abbiamo scoperto – spiega il professor Filippo Crea – che quando la placca aterosclerotica si attiva, viene a mancare il freno immunitario CD31”. Questo studio, che sarà pubblicato a breve sulla rivista Basic Research in Cardiology, potrebbe aprire la strada a nuove terapie preventive dell’infarto. Potrebbero essere sviluppati farmaci che potenzino l’efficacia di CD31 specifici per i soggetti a rischio.
Lo scopo di questo tipo di studi è identificare nuove terapie mirate, in questo caso di tipo anti-infiammatorio specifico per arrivare a prevenire l’infarto.
Il meeting pertanto ha lo scopo di presentare e discutere quelle le basi molecolari di nuove strategie di prevenzione e cura della aterosclerosi e dell’infarto. La presenza, insieme agli esperti della Cattolica, dei maggiori ricercatori a livello mondiale nel campo, rappresenta una opportunità unica di scoprire e comprendere i possibili scenari futuri nella prevenzione e cura dell’infarto.
“La proteina C reattiva che dà il titolo a questo meeting – spiega Il professor Crea – fu messa sulla mappa della cardiologia esattamente 20 anni fa da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, la rivista scientifica più prestigiosa al mondo, ispirato dal professor Attilio Maseri, mio illustre predecessore alla Direzione del Dipartimento. Questa osservazione ha prodotto nei decenni successivi frutti straordinari che hanno contribuito non solo a migliorare le nostre conoscenze sulle cause dell’infarto ma anche a sviluppare nuove forme di terapia che sarebbero state impensabili prima di questa importante scoperta. Il nostro è impegno è continuare sul solco segnato dal Prof. Maseri contribuendo a svelare i “misteri” che ancora avvolgono le cause dell’infarto.”
* BOX
La proteina C reattiva (PCR) è una molecola del sanguei cui livelli ematici possono anche aumentare di 50.000 volte durante un processo infiammatorio, con un picco a 48 ore dall’inizio dell’infiammazione. Poiché l’aterosclerosi è una malattia infiammatoria, in clinica la PCR può essere utilizzata per stabilire il livello di rischio di patologie cardiovascolari. I livelli di PCR rappresentano un marcatore di rischio indipendente dalle concentrazioni di colesterolo e trigliceridi presenti nel sangue. La proteina C reattiva pertanto può aiutare ad identificare pazienti a rischio d’infarto non identificati dai fattori di rischio convenzionali.
Largo F. Vito 1 – 00168 Roma
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