Genetica

Cosa è l’Autismo. Quali le cause?

 

Una visione d’insieme

 

UNA VISIONE DI INSIEME 
L’Autismo fa parte, insieme alla Sindrome di Asperger, alla Sindrome di Rett, al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (PDD-NOS) e al Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia, del gruppo dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Tuttavia i clinici sempre più spesso ormai utilizzano la dizione ‘Disturbi dello Spettro Autistico’ (Autism Spectrum Disorders, ASD) per Autismo, Asperger e PDD-NOS. Questa definizione (spettro autistico) significa che il disturbo colpisce ciascuna persona in modo differente variando da una lieve a una grave sintomatologia. I disturbi dello spettro autistico originano comunque da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti inusuali (ad esempio comportamenti ripetitivi o stereotipati) e a un’alterata capacità immaginativa. L’autismo è stato per anni erroneamente considerato un disturbo dovuto a inadeguate relazioni nell’ambiente familiare dipendenti dal comportamento dei genitori (origine psicodinamica). Attualmente la posizione scientifica condivisa a livello internazionale considera l’autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello (porta con sè alterazioni della struttura e delle funzioni nervose) e della mente (include alterazioni dello sviluppo psico-cognitivo ed emozionale) con esordio nei primi tre anni di vita. Sia fattori genetici che ambientali sono oggi considerati all’origine dello spettro autistico. La sindrome si configura come una disabilità permanente che compare in età infantile ma accompagna il soggetto per tutta la durata della vita. Le caratteristiche del deficit sociale e cognitivo, come in generale la sintomatologia clinica, sono eterogenee in termini di complessità e gravità

 e presentano una espressività variabile nel tempo. Dal punto di vista clinico gli individui con autismo sono spesso divisi in due grandi gruppi: l’autismo sindromico, o secondario a cause note, che si presenta circa nel 10 % dei casi. In questa categoria la sindrome autistica è associata a malformazioni o caratteristiche dismorfiche evidenti soprattutto a livello facciale. In essa sono compresi individui che mostrano alterazioni in un singolo gene come nel caso della sclerosi tuberosa, della sindrome da X-Fragile, della Neurofibromatosi e di alcune malattie citogenetiche. Inoltre a questa categoria appartengono quei casi dovuti a infezioni contratte dalla madre in gravidanza (quali rosolia e citomegalovirus) e casi di autismo derivanti da esposizione prenatale ad agenti teratogenici quali la talidomide o l’antiepilettico acido valproico. Dall’altro lato vi è invece l’autismo primario o idiopatico, detto anche essenziale, nel quale sono presenti i classici segni clinici della sindrome autistica, mentre sono assenti malformazioni e caratteristiche dismorfiche. A questo secondo gruppo appartiene il restante 90% dei casi.

EVIDENZE SULL’AUTISMO 

I sintomi
Per la classificazione dei disturbi dello spettro autistico sono riconosciuti e utilizzati a livello internazionale due strumenti diagnostici: il DSM IV, Diagnostic Statistical Manual IV redatto dall’American Psychiatric Association , e l’ICD-10, International Classification of Diseases 10a edizione, redatto dalla World Health Organization. Questi due manuali presentano alcune differenze nella terminologia utilizzata per la classificazione delle diverse condizioni riferibili ai disturbi dello spettro autistico e alcune differenze nella combinazione dei criteri che definiscono la nosografia propria delle varie forme. D’altra parte entrambi i manuali condividono i principali criteri comportamentali considerando la seguente triade sintomatologica:

Sociale: compromissione, ritardo o atipicità dello sviluppo delle competenze sociali, con specifico riferimento alle relazioni interpersonali: apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendenza all’isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo

Linguaggio e comunicazione: compromissione e atipicità del linguaggio e della comunicazione, verbale e non-verbale. Siu stima che circa il 25% dei soggetti autistici non è in grado di comunicare verbalmente. I soggetti che sono in grado di utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro (parole fuori contesto, ecolalia).

Pensiero e comportamento: immaginazione povera e stereotipata con compromissione del gioco simbolico o di immaginazione; comportamenti ritualistici/ripetitivi, e scarsa flessibilità a cambiamenti della routine quotidiana e dell’ambiente circostante. Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo e si possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati; i cambiamenti nell’ambiente abituale o nei ritmi della giornata possono determinare reazioni abnormi, come perdita del controllo, rabbia, aggressività. 

La prevalenza
La sindrome autistica non presenta prevalenze geografiche o etniche, ma colpisce maggiormente i maschi rispetto alle femmine in un rapporto di 4 maschi per 1 femmina. Alla fine degli anni ’90 viene riportata una prevalenza di circa 1:750 bambini quando si consideri una ristretta definizione dello spettro, che sale a 1:150 quando tale prevalenza si riferisce ai disturbi dello spettro autistico nel suo complesso. Negli Stati Uniti le stime più recenti indicano una prevalenza di circa 1:110 mentre in Europa le stime variano da 1:160 della Danimarca e della Svezia , a 1:86 della Gran Bretagna. Un dato costante riportato dagli studi epidemiologici condotti sia negli Stati Uniti che in Europa è un generalizzato aumento delle diagnosi di autismo e delle sindromi correlate, che sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio. L’ipotesi di una vera e propria epidemia di autismo viene però confutata da molti autori, che associano almeno in parte il pur evidente incremento del numero delle diagnosi all’allargamento dei criteri diagnostici e all’abbassamento dell’età alla diagnosi, conseguenze della maggiore sensibilità e attenzione al disturbo.

La diagnosi
La diagnosi pùo avvenire con una considerevole affidabilità tra il secondo e il terzo anno di vita, ma la formulazione a questa età si limita ad essere una diagnosi di rischio, che deve prevedere la programmazione di controlli specialistici a intervalli regolari durante l’età evolutiva.

La prognosi
La prognosi per i bambini con condizione autistica è condizionata dal loro grado di funzionamento cognitivo. Questo fattore è considerato un buon indicatore predittivo dello sviluppo futuro, anche se i dati attualmente disponibili indicano la necessità di individuare altri indicatori che possano essere associati con la qualità dell’esito .

Il testo è stato redatto sulla base delle seguenti fonti:

American Psychiatric Association (APA), 2002. DSM IV, Diagnostic Statistical Manual IV

World Health Organization (WHO), 2007. ICD-10, International Classification of diseases 10th revision, 

Cohen, D.J., Volkmar, F.R. (ed.) (1997), Handbook of autism and pervasive developmental disorders, 2nd edition., John Wiley & Sons, New York

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Baird G, Simonoff E, Pickles A, Chandler S, Loucas T, Meldrum D, Charman T, 2006. Prevalence of disorders of the autism spectrum in a population cohort of children in South Thames: the Special Needs and Autism Project (SNAP). Lancet. 368:210-5.link

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Fernell E, Gillberg C, 2010. Autism spectrum disorder diagnoses in Stockholm preschoolers. Res Dev Disabil. 31:680-5.link

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