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In alcune zone d mare ,il fegato di pesce può risultare leggermente inquinato. Ecco dove e perchè!
Lo scorso marzo il ‘Marine Pollution Bulletin’ ha pubblicato uno studio di Mauro Marini, dell’Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr di Ancona, che evidenziava la contaminazione da Lindano (un insetticida organoclorurato – del tipo Ddt – prodotto in Albania a partire degli anni ’60 e oggi non più in commercio in Ue) nei sedimenti marini e nei pesci maggiormente pescati e commercializzati nei mari albanesi, precisamente in prossimità di una fabbrica di insetticidi situata a 7 km a nord di Durres e a un km dalla costa.
“La fabbrica cessò la sua attività durante la guerra civile albanese nel 1991 e una grossa quantità di rifiuti fu riversata in tutta l’area intorno alla fabbrica, il che causò un alto livello di inquinamento in tutta la zona dovuto
all’elevata persistenza di questa sostanza”, spiega Marini. “Parte dei rifiuti è ancora presente in mare, contaminando i pesci che la gente continua a pescare e a mangiare”.
Confrontando tre siti di prelievo in Adriatico, lungo la costa albanese e al largo del fiume Po, al confine tra Marche ed Emilia Romagna, “si osserva una marcata differenza nella concentrazione di Lindano presente nei fegati e nei filetti delle specie di pesci campionati”, prosegue il ricercatore. “In quelli pescati al largo del Po, i fegati risultano 6 volte più contaminati rispetto ai filetti, nelle coste italiane 16 volte, mentre nella fascia costiera albanese la concentrazione dei fegati è 120 volte superiore a quella dei filetti e i pesci sono circa 100 volte più contaminati rispetto alla nostra costa, dove la concentrazione di Lindano nei filetti non raggiunge il livello massimo stabilito dalle normative vigenti”.
Il problema ha comunque carattere ‘universale’: “Uno studio effettuato nel 1984 ha riscontrato una concentrazione di Lindano elevata nei pesci delle acque provenienti dal mare Arabico e dal golfo Persico e concentrazioni modeste nel mare Artico e Antartico e nel mar Rosso”, afferma Marini. La necessità è quindi quella di un attento monitoraggio: “In Mediterraneo sono ancora pochi i dati che documentano la concentrazione di insetticidi presenti in mare, mentre molti studi ne attestano la diffusione nelle acque dolci e sulla terra emersa”.
Essendo ben nota la tossicità di questi prodotti chimici per la salute dell’uomo, tanto che dalla fine degli anni ’80 sono state tolte dal commercio in molti paesi, Unione Europea compresa, gli studi sono indispensabili. “L’assunzione ripetuta e costante di queste sostanze, con conseguente accumulo, negli organismi degli animali e dell’uomo, può far raggiungere dosaggi tossici dannosi”, conclude il ricercatore. “La mia raccomandazione è quella di diversificare la dieta alimentare per evitare che si accumulino, nell’arco di una vita, sostanze a livelli di concentrazione pericolose alla salute. Continuiamo a mangiare pesce senza problemi. Evitare le parti più contaminate come il fegato è comunque opportuno, inoltre va fatta una considerazione sulla grande varietà ittica disponibile sui nostri mercati che permette una dieta diversificata, nella quale bisogna considerare che non tutti i pesci accumulano queste sostanze chimiche”.
Manuela Faella
Fonte: Mauro Marini , Istituto di scienze marine, Ancona-cnr
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