Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen (paradosso EPR) è un esperimento ideale che dimostra come una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico può propagare istantaneamente (interpretazione di Copenhagen) un effetto sul risultato di un’altra misura, eseguita successivamente su un’altra parte dello stesso sistema quantistico, indipendentemente dalla distanza che separa le due parti.
Questo effetto è noto come “azione istantanea a distanza” ed è incompatibile con il postulato alla base della relatività ristretta, che considera la velocità della luce la velocità limite alla quale può viaggiare un qualunque tipo d’informazione.
Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen proposero questo esperimento
ideale in un articolo pubblicato nel 1935 intitolato “La descrizione quantistica della realtà fisica può ritenersi completa?”, con l’intento di dimostrare che la meccanica quantistica non è una teoria fisica completa. Cinque mesi dopo Niels Bohr rispose all’argomento di EPR con un articolo intitolato allo stesso modo. La posizione di Bohr è stata a lungo considerata come ulteriore vittoria del suo scontro con Einstein, benché oggi si riconosca apertamente che la sua posizione era piuttosto oscura e non può essere certo considerata soddisfacente come risposta a EPR. Sempre nello stesso anno, Erwin Schrödinger pubblicò l’articolo in cui descrive l’esperimento del famoso gatto, cercando di chiarire l’idea della sovrapposizione di stati nella meccanica quantistica. Si deve a David Bohm, nel 1951, una riformulazione del paradosso in termini più facilmente provabili sperimentalmente.
I principi della meccanica quantistica
La comprensione della meccanica quantistica sembra, a prima vista, una questione piuttosto complessa. Anche ad un secondo sguardo, tuttavia, le cose non sembrano migliorare di molto. Di certo si può dire che la meccanica quantistica riguarda il comportamento della materia a livello atomico e subatomico. Possiamo dire, in via preliminare, che con la teoria dei quanti l’atomo perde molto della sua certezza deterministica a favore di una maggiore incertezza statistica.
Plank e la sua costante. Tutto cominciò con la scoperta di uno studente di fisica di nome Max Plank, il quale scoprì nel 1900 che le radiazioni emesse da un corpo caldo non sono emesse in modo continuo ma in pacchetti, ovvero in quanti ( è bene sapere che scaldare la materia equivale ad agitarne gli atomi e provocare il desiderio di fuggire in alcune particelle; in altri termini, l’agitazione degli atomi e delle molecole può produrre la rottura dei legami che tengono unite le singole particelle).
Questa scoperta aprì un mondo del tutto nuovo nell’ambito della fisica. Fino a Plank si credeva che le radiazioni fossero un fenomeno costante e frazionabile a piacere, come una normale grandezza numerica, dopo Plank si dovette tener conto che l’energia (la radiazione) non viene emessa costantemente ma quantizzata in pacchetti.
In sostanza l’energia non è solamente un onda che si propaga in modo continuo e in tutte le direzioni (emanazione continua), l’energia viene emanata a proiettili, ovvero in quanti predefiniti dello stesso valore (emanazione discreta). Per usare un altro esempio, il quanto assomiglia al vagone di un treno, dove il treno rappresenta la quantità di energia complessiva e ciascun vagone il quanto costante in cui è suddivisa e sotto la cui grandezza non può essere ulteriormente considerabile.
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